Leader e Presidente

"Corriere della Sera" del 6 ottobre 2010

Aldo Cazzullo ( 06 ottobre 2010 )

"La nascita del partito di Fini è un atto di chiarezza, ed è quindi un bene. Fin dal voto di fiducia della settimana scorsa, era evidente che la maggioranza si articola ormai su tre forze...."

Leader e Presidente


La nascita del partito di Fini è un atto di chiarezza, ed è quindi un bene. Fin dal voto di fiducia della settimana scorsa, era evidente che la maggioranza si articola ormai su tre forze. Dal vertice di oggi si capirà se possono collaborare, e la legislatura - come resta auspicabile - può continuare; o se invece tutto precipita verso le elezioni anticipate.
La mutazione del presidente della Camera in leader di partito gli impone però di dare alcune risposte al Paese. Alcune riguardano il passato: Fini ha bloccato il processo breve, che avrebbe mandato in fumo migliaia di processi per fermare quelli di Berlusconi; ma ha votato il lodo Alfano, il legittimo impedimento e altre numerose leggi ad personam nei sedici anni in cui è stato alleato di Berlusconi. Altre risposte riguardano il futuro, e in particolare il suo ruolo istituzionale.
È vero, sia Casini sia Bertinotti sono stati nel contempo presidenti della Camera e capi di partito. Anche nella prima Repubblica è accaduto che sullo scranno più alto di Montecitorio sedessero leader politici, oltretutto a capo di correnti avverse alla segreteria del loro partito, dal democristiano Gronchi al comunista Ingrao. Ma non è mai accaduto che il presidente in carica si mettesse alla testa di una nuova forza, nata da una scissione del partito di maggioranza relativa, che compatto l'aveva indicato per la terza carica dello Stato.
Tra qualche anno, quando i miasmi di un'estate orribile si saranno diradati, gli storici della politica potranno individuare le responsabilità di Berlusconi e quelle di Fini nella scissione. Certo è stato il Cavaliere a espellere il cofondatore; che però aveva già espresso l'intenzione di costituire gruppi autonomi in Parlamento.
La destra liberale ed europea del merito, delle regole, della responsabilità che Fini intende costruire manca da sempre all'Italia; i prossimi anni diranno se la sua è una velleità o un'intuizione. Di sicuro, Fini ha valutato che fosse impossibile portare avanti quel progetto dentro il Pdl, sotto l'egemonia di Berlusconi. Ora però dovrebbe valutare se il difficile lavoro di costruire un partito, con la ragionevole prospettiva di condurlo presto in una durissima campagna elettorale, sia compatibile con la presidenza della Camera. Nessuno può obbligarlo a dimettersi; la scelta può essere soltanto sua.
L'intellettuale di maggior spicco tra quelli vicini al nuovo partito, il professor Alessandro Campi, auspica che il leader si concentri sulla battaglia politica, con la piena libertà di adeguarsi alle asprezze con cui sarà combattuta nei prossimi tempi. È un consiglio su cui Fini, prima di prendere la sua decisione, farebbe bene a riflettere.




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