Con Rispetto, Dissento

Con Rispetto, Dissento

Ci sono letture che, talvolta, ti lasciano perplesso. Anzi. Magari creano qualche imbarazzo soprattutto se sono affermazioni fatte da uomini di Chiesa.

Domenica 8 dicembre ho letto sul Corriere della Sera una lunga intervista al Cardinale Ruini. Glisso sull’importanza di questa personalità, da tutti conosciuta.

Al netto di un certo protagonismo autocelebrativo, ho trovato alcune affermazioni del Cardinale un tantino sopra le righe. Probabilmente scandalizzerò qualche conservatore (come lo stesso Ruini si definisce), ma francamente, come cattolico, mi sento di palesare alcune divergenze.

Soprassiedo al paragone tra Berlusconi e Kennedy, se non altro e non solo per la diversa levatura intellettuale e il fatto che il Presidente americano si confrontava con la Guerra fredda e la potenza comunista, ma anche per il fatto che uno è stato ammazzato durante il suo mandato, mentre l’altro è morto pacificamente dopo una lunga malattia nel suo letto. Definirei, questa, una caduta di stile.

Evito anche un commento circa le parole espresse sulla negazione del funerale a Welby. Un argomento per me molto difficile da trattare e penso anche per molti altri, ma anche un argomento che mi spinge a chiedermi dove è finita la “pietas” umana e figlia della fede cattolica. Bypasso poi i giudizi del Cardinale sulla Meloni e il suo augurio a durare a Chigi.

Suggerirei poi la lettura dell’ultimo libro di De Rita, il sociologo cattolico che, ricordando il suo impegno nella Chiesa e la sua defenestrazione da parte di Ruini, trova proprio in questa intervista la conferma delle modalità con cui il Cardinale risolveva le questioni che non lo convincevano.

Quello che, tuttavia, mi ha creato più imbarazzo è stata l’affermazione circa la richiesta fatta da Berlusconi a Ruini una volta vinte le elezioni. Il Cardinale dice all’intervistatore: “Berlusconi venne da me e mi chiese cosa poteva fare per la Chiesa. Nessun democristiano me lo aveva mai chiesto”.

Ecco, al di là di come sappiamo sia andata e di quanto il “piatto di lenticchie” sia stato preso e di quanta “bonomia” Ruini e le gerarchie abbiano mostrato nei confronti del Cavaliere, credo che qualche parola in più possa essere spesa al riguardo e, soprattutto, da ex DC quale io sono per storia personale, ma non ex per cultura politica. Mi viene in mente quello che rispose Montini quando lo selezionarono per lavorare alla Segreteria di Stato. “Cosa farebbe se una mattina trovasse i cosacchi in piazza San Pietro?”. Rispose serafico: “Farei quello che ho sempre fatto. Andrei a dire messa “.

Penso che forse Montini si sarebbe comportato in modo diverso rispetto a Berlusconi, chissà magari con un “ci dica lei cosa la Chiesa può fare per questo Paese”.

Mi permetto di aggiungere ancora un pensiero. I DC erano consapevoli della loro fede, della loro laicità e dei limiti che l’azione politica doveva avere in Italia nei confronti della Chiesa. De Gasperi, per citare il più autorevole, seppe anche con costi personali dire di no quando fu necessario. Un Presidente del Consiglio che si mette al servizio della Chiesa, che chiede cosa ha bisogno la Chiesa, è la negazione di tutto l’insegnamento di libertà impartito dalla Dottrina sociale della Chiesa a noi impegnati a esserle fedeli. Avrei sempre dubitato della buona fede di un politico che si mette al “servizio”, quasi si prostra davanti ad un altro “potere”. Così come mi sarei aspettato ben altri comportamenti da chi voleva rappresentare la Chiesa italiana dopo la fine della DC. Ma sappiamo come è andata.

Roberto Molinari ( pubblicato su www.rmfonline.it del 13 dicembre 2024 )