Perchè sono proporzionalista
Come sempre, ad ogni tornata elettorale, sia che si voti per i comuni o per le regioni, o che si voti per il Parlamento Europeo gli strascichi si ripetono e la classe politica, ma anche i commentatori cercano di trarre indicazioni circa gli sviluppi futuri degli elettori e dei partiti.
Anche questa volta nessuno si è sottratto a questo rito e assisteremo da qui in avanti ad un crescente di dichiarazioni più o meno bellicose da parte di chi vive con sofferenza lo stare al “governo” di unità nazionale e preferirebbe la rendita di posizione dell’opposizione soprattutto all’avvicinarsi della tornata elettorale regioni/politiche prevista, se non succede nulla, nel 23.
E, altro particolare che farà sicuramente alzare il “testosterone” della politica sarà la legge di bilancio da approvare entro la fine dell’anno e che, in molti, vivranno come “assalto alla diligenza” per ripagarsi dell’essere stati “responsabili” nel governo Draghi.
Fatte queste premesse non certo particolarmente positive mi sento soltanto di spezzare una lancia su di un tema che ritengo comunque ancora determinante per la nostra democrazia e cioè il sistema elettorale con cui dovremo affrontare le elezioni politiche.
Se c’è un nodo rilevante che emerge in questa tornata amministrativa e che nei prossimi mesi dovrà essere sciolto è se ci troveremo di fronte a coalizioni o a semplicemente a dei cartelli elettorali.
La distinzione non è solo una speculazione teorica. Se hai di fronte un cartello elettorale il suo orizzonte politico è di breve durata. La conquista del potere e poi, dopo poco, si sfascia tutto perché ciò che lo tiene insieme non è bastevole.
E questo problema c’è a destra come nel centrosinistra. Oggi il sistema politico italiano presenta una pesante frammentazione. Ci sono leadership in crisi e partiti che sono in via di ridefinizione di quello che deve essere il proprio ruolo storico. C’è un 5stelle che ha esaurito la sua carica di novità e che non ha ancora chiaro dove vuole andare e con chi. C’è una Lega che ha perso la bussola della linea politica e c’è una destra della Meloni che sta scalando il centrodestra. C’è movimento al centro, ma anche affollamento e questo potrebbe pregiudicare qualsiasi evoluzione. E c’è il PD che stando fermo aumenta il suo consenso, ma non a sufficienza per vincere.
Dunque, il sistema politico, rischia di bloccarsi ancora una volta e proprio alla vigilia delle elezioni politiche che dovrebbero sancire la fine del governo di ( quasi ) unità nazionale. Insomma, abbiamo in atto una scomposizione, ma la ricomposizione del quadro politico appare quanto mai incerta.
Accanto al sistema politico abbiamo una società frammentata che assomiglia più ad un vestito di Arlecchino tanto sono diverse e differenti le sue componenti. C’è da chiedersi laicamente come potrebbe una società siffatta trovare la propria rappresentazione in un Parlamento che non ha saputo produrre una diversa distribuzione dei poteri necessaria dopo la diminuzione di rappresentanza dei territori visto la riduzione degli eletti e come può una società così carica di differenze farsi chiudere nella camicia di forza di un sistema elettorale maggioritario o semi maggioritario?
Io penso che per tenere insieme questo Paese soprattutto nei prossimi anni in cui saremo impegnati non solo a realizzare il PNRR, ma anche a tenere sotto controllo il nostro debito pubblico, si abbia la necessità di avere un sistema elettorale coerente con la caratterizzazione societaria. Che non si debba insistere sulla “camicia di forza” che tiene insieme i diversi, salvo poi dividersi alla prima occasione, ma che occorra avere un sistema proporzionale ( con soglia di sbarramento al 5% ) coerente con quella che è la rappresentazione sociale, che consenta ai partiti di esprimersi nella diversità, ma che poi faccia si che la politica favorisca il giorno dopo il voto le alleanze di governo più omogenee e coerenti coi programmi.
E penso anche, ma su questo forse sono rimasto un nostalgico, che un sistema elettorale che prescinde dalle preferenze è un sistema che consegna la rappresentanza territoriale e politica ai segretari di partito e ai capi corrente e produce solo dei “vassalli” al potente di turno e non fa crescere classe dirigente cosa, quest’ultima, di cui questo Paese ha enorme bisogno per affrontare le sfide future.
Roberto Molinari
Direzione P.le PD Varese
( pubblicato sul quotidiano “La Prealpina” del 18 giugno 2022 )