ASCOLTO
Una rondine non fa primavera. Mi sentirei di liquidare con questa battuta i diversi commenti frutto della tornata di ballottaggi riguardanti alcune città del nostro Paese.
Certo, ci sono alcuni dati sicuri. In questa tornata il centrosinistra, nelle sue diverse articolazioni, risulta essere il “vincitore” sul campo rispetto ad un centrodestra che è apparso in stato confusionale.
Il centrosinistra ha vinto laddove era all’opposizione storicamente e si è confermato in altre città. Qualcuna l’ha persa a favore di liste civiche (come a Como) e, in altre, poche a dire il vero, è stato sconfitto da un centrodestra unito e compatto e con un buon candidato.
Questo quadro ha fatto esaltare il popolo del centrosinistra e sorridere al Nazareno, sede nazionale del PD e, contemporaneamente, ha fatto scendere qualche brivido di troppo lungo la schiena a Salvini, Berlusconi e Meloni.
Ciò premesso, vorrei buttare un po’ di acqua fredda nel mio campo. Ovviamente non è che dobbiamo stracciarci le vesti per aver vinto o peggio avere comportamenti “tafazziani”, tuttavia, non dobbiamo nasconderci alcune criticità proprio in prospettiva di politiche e regionali del 2023.
Provo ad elencarle. Tra qualche mese il quadro politico potrebbe essere completamente diverso, anzi, ad oggi nessuno è in grado di immaginare come risulterà al momento del voto e questo per tre variabili indipendenti: pandemia, guerra, crisi economica.
Solo un anno fa si pensava che si sarebbe tornati alle urne raccogliendo il dividendo dell’azione di Governo, dei buoni risultati economici e degli sforzi sostenuti col PNRR. Ma oggi non è più una certezza.
Letta fa bene a stare fermo (ma non troppo e non per troppo tempo). Fa bene a cercare il “campo largo” e a far percepire agli elettori di essere l’interprete della stabilità, il più importante sostenitore di Draghi e confermare il PD come il partito della responsabilità, ma tutto questo non può bastare. Perché si rischia di essere interpreti solo delle élite pro Europa, dei ceti medio alti e di quelli garantiti.
Occorre, e questa è la sfida principale, dare risposte di senso a chi è mosso dalla “rabbia sociale”, a chi è in difficoltà e a chi cerca garanzie. Se questo non lo fa il PD allora la risposta sarà in mano ancora ai populisti e alla destra della Meloni che è più brava a ridurre la complessità a risposte semplici e banali, ma efficaci.
In ultima istanza, il PD ha vinto le amministrative perché ha una classe locale decisamente migliore di quella della destra, perché riesce a tenere i cittadini (quando ci riesce) su tematiche locali e non nazionali o politiche, e perché, a livello locale, è più facile costruire alleanze quando non ci sono intromissioni nazionali o di “romani” che pensano di gestire le periferie come se fossero a Montecitorio o palazzo Madama.
Insomma, Letta ha un bel grattacapo da gestire. Deve lavorare perché il “campo largo” non si trasformi in “un campo santo” e lo deve fare in un quadro politico in movimento e che nessuno sa come si trasformerà. Deve lavorare su di una coalizione perché da solo il PD non può vincere, ma ha anche tanti cespugli che si sentono delle querce. E lo deve fare sapendo che le regionali e le politiche sono altro rispetto alle amministrative.
Roberto Molinari
Direzione provinciale PD
Varese
( pubblicato su www.rmfonline.it del 1° luglio 2022 )